Il duo di scrittori rodigino Antani e Mascetti ha appena pubblicato il secondo romanzo che vede come protagonista l’investigatore privato Marco Pavan.
Ho letto questo libro in pochissimi giorni, esattamente com’è successo per “LE EREDITÀ DEL MALE” e devo dire che la sensazione di leggere qualcosa di grande l’ho percepita dalle prime righe. I due, come già sapevo, hanno una scrittura fluida e totalmente immersiva, la cosa che mi ha colpita come per il primo romanzo, è che non si capisce chi dei due ha scritto cosa, e questo aspetto non solo gioca a favore della storia, ma conferma ancora una volta l’affiatamento dei due autori e la loro capacità di fondere pensieri e parole.
Ma parliamo del romanzo e delle storie che si susseguono al suo interno. Iniziamo con un salto temporale all’indietro, siamo nel 1982 e dal carcere di Rovigo quattro terroriste evadono, grazie all’aiuto di un commando armato. Da questo momento in poi si susseguono scene ricche di adrenalina, la passione e l’amore, fino ad arrivare ai giorni nostri con un Pavan più maturo, che sembra aver trovato un equilibrio con sua figlia Martina ma che, viene messo di nuovo alla prova con l’arrivo di Manuela, la sua ex moglie. Troviamo ancora Luciano Manfron personaggio che ha avuto un’evoluzione pazzesca e la nostra amata Caterina, di cui adoro la forza e la tenacia.
Uno dei miei preferiti è però Giovanni Pavan, padre di Marco. Mi hanno fatto sorridere alcuni passaggi in cui lui è protagonista indiscusso e… io vorrei un Pavan senior come nonno.
Il finale è sorprendente, non avrei immaginato nemmeno lontanamente che tutto si potesse collegare alla fine, come un puzzle con tutti i suoi pezzi al loro posto, fino a creare un disegno bellissimo. Qualcuno potrebbe pensare che sia triste invece, è esattamente il finale che avrei voluto. Ma non posso anticipare nulla perché altrimenti non potreste godervi la lettura di questo romanzo che per me è tra i top in assoluto.
“QUELLA COSA PERICOLOSA CHIAMATA AMORE” è uno di quei romanzi che non puoi dimenticare, che ti tengono incollato alle pagine dall’inizio. È uno di quei romanzi che quando arrivi alla parola FINE, fai fatica a lasciar andare. Ho tenuto questo libro sul comodino ancora qualche giorno perché avevo bisogno di rileggere alcuni passaggi che ho amato particolarmente, e non solo per farne una buona recensione. Forse è perché quando leggo un capolavoro letterario di questa portata, ho bisogno di sentirlo ancora mio anche dopo averlo terminato.
«L’amore è come na medicina. Se sbagliate la dose fate solo del male. Se ne date troppo poco, l’altra persona lo cercherà per tutta la vita, se ne date troppo diventa soffocante, gli togliete l’aria e l’amato se ne vole annà. Io a Nando prima l’ho soffocato e poi l’ho privato di tutto. Date retta a me signò, l’amore è na faccenda pericolosa, sempre.»
Ho letto e riletto questo paragrafo tante volte, perché volevo mi restasse impresso il concetto di base, che in ogni caso, per amore siamo disposti a fare qualunque cosa. Nel bene e nel male.
Durante la lettura sono tre i brani che mi ronzavano in testa e si alternavano tra le varie storie:
Fade To Black – Metallica
I Don't Want to Miss a Thing – Aerosmith
Eye In The Sky – The Alan Parsons Project
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