Carlo Lucarelli

INTERVISTA ALLO SCRITTORE, SCENEGGIATORE, FUMETTISTA E CONDUTTORE TELEVISIVO

A cura di Stella Conte

1. HAI ESORDITO CON IL TUO PRIMO ROMANZO NEL 1990, CON UNA GRANDE CASA EDITRICE COME “SELLERIO EDIZIONI”. COSA TI RICORDI DI QUELL’ESORDIO E COM’È CAMBIATO IL MONDO DELL’EDITORIA DA ALLORA?


Mi ricordo tutto molto bene. Avevo terminato il mio romanzo, ci credevo molto, mi ero fatto l’elenco di praticamente tutte le case editrici esistenti e avevo deciso di inviarlo ogni mese a tre case della lista, così che quando mi fossero arrivati i primi rifiuti avrei continuato a sperare di volta in volta con le altre. Le prime erano Mondadori, Sugarco e Sellerio. Dopo qualche settimana mi suona il telefono in corridoio (allora non esistevano cellulari) rispondo e una voce mi dice: “sono Elvira Sellerio, pubblichiamo il suo romanzo, è contento?”. E io ho detto solo: “sì”. Perché ero convinto che fosse un mio amico che mi faceva uno scherzo. Credo di essere stato, involontariamente, l’autore esordiente più freddo della storia della letteratura. Quando poi ho ricevuto il contratto sono svenuto. È stato un ottimo esordio, con una casa editrice meravigliosa e di grande prestigio, che stava sdoganando il “giallo” al di là delle collane dedicate al genere, e sono felice di aver iniziato così. Non credo che il mondo dell’editoria sia molto cambiato: ora è più facile inviare manoscritti via mail e monitorare le risposte, ma più o meno il sistema è quello. Il cambiamento avvenne allora, tra gli anni ’80 e ’90, con la nuova attenzione nei confronti degli autori giovani ed esordienti, che prima non c’era. E con l’arrivo del nuovo giallo italiano.


2. COSA CONSIGLIERESTI A UN AUTORE EMERGENTE PER RIUSCIRE AD AFFERMARSI A LIVELLO NAZIONALE?

A parte aver scritto un bel libro che racconta una bella storia e che ha qualcosa di importante da dire, suggerirei di darsi da fare per farlo conoscere attraverso rete, blog e social. I gruppi di lettura più influenti in grado di innescare un passa parola efficace stanno lì. Poi ci sono le trasmissioni televisive, ma è un discorso complesso e difficile: non ci sono tante trasmissioni sui libri e basta, per cui bisogna andare in un talk show a parlare d’altro, spesso a sproposito, per avere la copertina dietro e una domanda sul libro (gli editori dicono che serve). Ma soprattutto bisogna scrivere un altro bel libro che racconta un’altra bella storia che ha qualcos’altro di importante da dire. È la continuità che fa crescere un autore.


3. HAI DATO VITA A TANTI PERSONAGGI INDIMENTICABILI, DALL’ISPETTORE COLIANDRO, A GRAZIA NEGRO E DE LUCA. A QUALE DI QUESTI TI SENTI MAGGIORMENTE AFFEZIONATO?  

A tutti, come succede con i figli. Sono personaggi diversi: De Luca è quello che mi ha incuriosito di più e mi ha fatto sorgere più domande a cui dare risposta; Coliandro mi diverte sempre ma è diventato un personaggio tridimensionale, che vive delle parole mie e di Giampiero Rigosi, l’altro sceneggiatore, della fisicità di Morelli e dello sguardo dei Manetti; per Grazia Negro ho una specie di amore-odio e per Marino e Ogbà/Colaprico sono attratto dalle loro possibilità, essendo ancora agli inizi.


4. UNA CARATTERISTICA DEL NOSTRO BLOG È QUELLA DI APPROFONDIRE IL CONNUBIO TRA MUSICA E LETTERATURA. TU CHE RAPPORTO HAI CON LA MUSICA? LA ASCOLTI QUANDO SCRIVI? CHE GENERE TI PIACE?

Ho un rapporto molto stretto con la musica, che spesso è il motore inziale, il big bang che fa esplodere un’idea che stava ancora da qualche parte, nebulosa e astratta, e che da quel momento assume un orizzonte. È successo con “Almost Blue” di Costello nella versione di Chet Baker, o con “Leon” dei Melancholia: incontrare casualmente quei brani ha messo in fila quello che cercavo di dire, perché spunti di trama, abbozzi di personaggi o campi tematici non sono niente finché non scocca la scintilla che fa partire tutto. A volte ascolto musica mentre scrivo perché fa parte, direttamente o indirettamente, del romanzo: lo swing italiano per le ambientazioni negli anni ’30, musica cosiddetta “etnica” per le storie nel Corno d’Africa, per “L’isola dell’Angelo Caduto” ho ascoltato Satie e Schoenberg per ottenere un ritmo stilistico dissonante. Io, poi, ascolto tutto quello che mi capita, e adesso, soprattutto, quello che mi propongono le mie figlie, che hanno undici anni, e mi fanno scoprire un mondo sconosciuto che arriva fino ai vocaloid giapponesi. Di origine, però, sono e resto un punk.


5. QUANDO SCRIVI HAI DELLE ABITUDINI PARTICOLARI?


Una volta ho letto in articolo che avrei dichiarato che scrivo solo nel mio studio sotto la testa impagliata di un giaguaro. Neanche so cos’è un giaguaro e di impagliato a casa mia non c’è niente. Io sono del parere di Giorgio Scerbanenco, grande scrittore degli anni ’60, che diceva che per scrivere bene devi averne voglia. È come stirare, diceva, se non ne hai voglia lo fai male. Ecco, di voglia ce ne ho quasi sempre, il problema è la comodità e il tempo, per cui scrivo tutte le volte che posso, e questo lascia poco spazio ai riti e alle abitudini. Ne tengo solo uno: impostare la pagina con margini e font ogni volta che inizio un libro nuovo.


6. LEGGI MAI SCRITTORI EMERGENTI? SE SÌ, POTRESTI DIRCI IL NOME DI UN AUTORE SU CUI PUNTARE?

Sì, certo, gli emergenti sono nuovi scrittori e spesso hanno proprio qualcosa di nuovo da dire. Mi arrivano tantissimi libri (per fortuna) e non riesco a leggere tutti quelli che voglio ma accade spesso di scoprire cose molto belle di scrittori che, a quel punto, non sono più tanto emergenti quanto già emersi.


7. HAI CONDOTTO PROGRAMMI TV MOLTO SEGUITI E INTERESSANTI, HAI SCRITTO LIBRI CHE SONO DIVENTATI DELLE SERIE TV ALTRETTANTO SEGUITE. TI SEI CIMENTATO NEL FUMETTO, DIVENTANDO A TUA VOLTA UN PERSONAGGIO CON CORNELIO. ORA STAI LAVORANDO CON I PODCAST. SEI SODDISFATTO DEL LAVORO CHE HAI FATTO? QUALE TRAGUARDO TI PIACEREBBE RAGGIUNGERE?

Sono molto soddisfatto. Resto sempre un autore di romanzi e se mi viene in mente un’idea originale non inizia istintivamente con “esterno giorno” o “salve sono Carlo Lucarelli”, ma con “Capitolo I. Era una notte buia e tempestosa”, ma fare tutto il resto è stato sempre bellissimo e ho imparato molto. “Blu Notte” e affini mi ha dato una grande soddisfazione e incontrare persone che mi dicono di aver fatto quello che fanno perché da ragazzini hanno visto una puntata che li ha fatti pensare per me è come una medaglia. Poi vedo l’età che hanno e mi rendo conto che se erano ragazzini allora vuol dire che io sono molto vecchio adesso, ma è lo stesso. Anche le riduzioni televisive o cinematografiche delle mie cose mi sono piaciute molto e ne ho condiviso tutte le scelte. Cosa devo dire? Sono un autore molto fortunato e molto felice. Il mio sogno nel cassetto? Il premio Nobel per la letteratura. Però per adesso mi accontento di cercare di scrivere qualcosa di più intenso, importante, sincero ed efficace. Il romanzo che sto elaborando vorrei che fosse diverso dagli altri, senza nessuno dei miei personaggi seriali, senza un’indagine, sempre una storia della metà oscura, ma vorrei andare più giù nel cuore nero della gente e delle cose. Vorrei scrivere un romanzo che fa star male. Per adesso sta facendo male a me, vedremo.


8. QUALE SARÀ SECONDO TE IL FUTURO DEL ROMANZO GIALLO/CRIME? IN PARTICOLARE IN ITALIA, DOVE SI È AFFERMATO NEGLI ANNI UN MODELLO CON INVESTIGATORI TERRITORIALI, QUALI PENSI POSSANO ESSERE LE DIREZIONI DI UN POSSIBILE SVILUPPO?

Sono curioso di vederlo anch’io. È vero, siamo di moda, ci siamo affermati come autori al di là del genere, e allo stesso tempo abbiamo imposto un modello apparentemente ripetitivo. I nostri libri hanno spesso come sottotitolo “un’inchiesta di”, e questo va benissimo finché risponde all’esigenza di raccontare qualcosa, la integra e non la imbriglia, snaturandola. Perché il futuro del nostro genere è sempre stata la contaminazione: aprirsi ad altre suggestioni e ad altre formule, senza limiti. La signora Sellerio diceva che il giallo è “letteratura di frontiera”, frontiera fra generi, temi e stili, e ho sempre pensato che avesse ragione. Non so quale sarà la direzione di un possibile sviluppo, lo scopriremo tutte le volte che uno di noi avrà bisogno di aprire una strada per uscire da una gabbia che è diventata stretta. Magari facendo a meno di “un’inchiesta di”.


9. LA TUA FAMIGLIA, TI HA SEMPRE SOSTENUTO PER LE SCELTE CHE HAI FATTO?

Sì. Sono passato da fuoricorso storico di Lettere all’Università a scrittore trasformando nel mio primo romanzo l’idea della mia tesi di laurea. Prima mi mantenevo con una serie di lavoretti (niente di eroico) ma l’appoggio dei miei era essenziale. Quando ho cominciato a pubblicare (e dopo un po’ a camparci bene) ho avuto in mia madre la mia prima fan. Era la prima a cui davo il primo capitolo del nuovo romanzo e non era mica tenera.


10. COME DA TRADIZIONE DEL NOSTRO BLOG, LA NOSTRA ULTIMA DOMANDA È SEMPRE LA SEGUENTE: CHE CANZONE TI VIENE IN MENTE DOPO AVER CONCLUSO L’INTERVISTA? E PERCHÉ?

Sarebbe stata quella che ho in testa da un po’ di giorni, da quando ho visto “Elvis”: “If I can dream”. Ma quando ho risposto alla vostra domanda sulla musica, mi sono venuti in mente i vocaloid di mia figlia Angelica e quindi adesso ho in testa “Magical doctor” di Maretu. Che da canticchiare in mente è molto più complicata di Elvis. Grazie tante, ragazzi, ora devo correre a risentirla se no non vivo più.

”MAGICAL DOCTOR” - Maretu
https://youtu.be/kJFDNvN-Jmg